Grazie alla sua particolare collocazione geografica di collegamento tra l’area alpina e la pianura padana, Peschiera ha giocato nel corso della storia un ruolo di rilevante importanza. Da sempre l’area è stata al centro di scambi e commerci. I primi insediamenti in questa zona sono datati intorno all’età del Bronzo, di cui rendono testimonianza alcuni siti palafitticoli e diversi reperti archeologici.
La città romana, dal nome di Arilica era situata nell’attuale centro storico. Plinio il Vecchio, riguardo alla città, descrive l’abbondanza del pescato complice l’uscita dell’acqua dal lago verso il fiume Mincio. Sembra che lo stemma comunale nasca proprio da queste condizioni favorevoli, due anguille d’argento con una stella d’oro. Le prime mura difensive risalgono all’alto medioevo. Nel 1815, al Congresso di Vienna, passò al Regno Lombardo-Veneto. Entro così a far parte del poderoso sistema difensivo del Quadrilatero. Fu conquistata dai piemontesi il 30 maggio 1848, ma passò all’Italia solo nel 1866 con il trattato di Praga, dopo la III guerra d’indipendenza.
Fortilizio romano, castello e rocca scaligera, fortezza bastionata della Repubblica Veneta nel Cinquecento; fortezza napoleonica, piazzaforte asburgica del leggendario Quadrilatero.
In poche città come a Peschiera, sono presenti le epoche fondamentali della fortificazione.
La parte più importante delle mura furono erette a partire dal 1549 su progetto di Guidobaldo della Rovere. La costruzione della città murata di Peschiera circondata dalle acque ha modificato il percorso naturale del fiume: per permettere la difesa della città, infatti, sono stati costruiti tre rami di uscita dal lago che si riuniscono poi a sud dell’abitato. La repubblica veneziana, e in seguito il Regno Lombardo-Veneto e gli austriaci, rinforzò gradualmente le fortificazioni della cittadella.
Il Quadrilatero fu, tra il 1815 e il 1866, un sistema difensivo austriaco nel Lombardo-veneto che si dispiegava su un quadrilatero i cui vertici erano le fortezze di Peschiera del Garda, Mantova, Legnago e Verona, comprese fra il Mincio, il Po, l’Adige e, dal 1850 circa, la ferrovia Milano-Venezia, tramite la quale erano garantiti i rifornimenti. Difficilmente aggirabile, ostacolava i movimenti di truppe nemiche nella pianura padana. Con queste opere, le ultime delle quali terminate nella primavera del 1866, Verona venne ad assumere la funzione di piazzaforte di manovra e di deposito principale del Quadrilatero, una delle più agguerrite “regioni fortificate” d’Europa, i cui capisaldi erano rappresentati dalle fortezze di Peschiera, Mantova e Legnago.
Il fiume Mincio è l’unico emissario del Lago di Garda. Scorre per 75 km prima di immettersi nel fiume Po e da qui nel Mare Adriatico. Dal 1984 si è costituito il Parco del Mincio, come area naturale protetta. La parte iniziale, detta anche Parco dell’Alto Mincio e si estende da Peschiera del Garda fino a Goito. In questo tratto il fiume attraversa e incide l’anfiteatro morenico del Garda e i terrazzi ghiaiosi dell’alta pianura.
Alcuni punti del fiume Mincio mostrano ancora caratteristiche vegetazionali e floristiche di grande bellezza e spesso di estremo interesse scientifico. La ricca flora fluviale ospita ben 229 specie di uccelli, sia stanziali che migratori, di cui ben 113 specie nidificano in quest’area. Le più importanti: cicogne, aironi bianchi, aironi cinerini, aironi rossi, garze e garzette, nitticore, pendolino, martin pescatore, gruccione, folaga, cannereccione, falco pellegrino, falchi di palude, svasso maggiore, nibbio bruno.
Nel 1960 entra in funzione lo sbarramento di Salionze sul Mincio: questa diga consente di regolare la portata del fiume ed il livello del Lago, che cessa pertanto di essere un bacino con regolazione naturale del livello.
La Centrale Termoelettrica del Mincio è inserita in un territorio di grande rilevanza paesaggistico-ambientale: il Parco regionale del fiume Mincio. Essa produce energia elettrica, minimizzando l’impatto ambientale, utilizzando come combustibile unicamente gas naturale con le tecnologie dei cicli combinati ad alta efficienza ed a bassissime emissioni di NOx.
Salionze deve il suo nome a San Leone Magno o San Leontio. Pare infatti che nelle vicinanze
della frazione, sulle rive del fiume Mincio, sia avvenuto l’incontro tra Attila, re degli Unni, e lo stesso pontefice. A seguito dell’incontro, Attila cessò le sue scorrerie nel nord Italia e fece ritorno nell’attuale Ungheria. Ogni anno, a luglio, ha luogo una rievocazione storica dell’incontro tra il papa e il re degli Unni.
Il vino Custoza prende nome dall’omonimo borgo, sede di due battaglie risorgimentali, nel territorio del comune di Sommacampagna. L’area di produzione del vino Custoza, non particolarmente ampia per estensione, occupa gran parte del settore meridionale della fascia di colline moreniche che si sviluppano tra le vicinanze della città di Verona e il lago di Garda. I principali vitigni dell’area del Custoza, identificabili come autoctoni, sono la garganega, il trebbianello (un biotipo locale del tocai friulano) e la Bianca Fernanda.
Le caratteristiche essenziali del Custoza sono costituite dalla freschezza, dalla leggera aromaticità, dalla considerevole bevibilità e abbinabilità. Il vino, soprattutto quando proveniente da particolari selezioni effettuate nei vigneti, mostra anche buone capacità di affinamento nel tempo.
Il Custoza è considerato sia un eccellente vino bianco da aperitivo, sia un fedele compagno della tavola, grazie alla sua spiccata abbinabilità, soprattutto con piatti a base di pesce d’acqua dolce che di mare.
Dal rinvenimento di alcuni reperti archeologici si può dedurre che il territorio di Castelnuovo fu abitato sin dall’epoca preistorica. Anticamente il sito era conosciuto come “Beneventum”; successivamente prese il nome di “Quadrivium”. Nel XII secolo Quadrivium venne rasa al suolo dal Barbarossa: la popolazione decise di costruire un nuovo insediamento fortificato, “Castrum novum”, trasformato nel corso del tempo in Castelnuovo. Nella sua storia passò sotto diversi domini, (dalla Signoria degli Scaligeri a quella dei Visconti, dalla Repubblica di Venezia all’Impero Austriaco). L’11-12 aprile 1848 fu teatro della battaglia di Castelnuovo, al termine della quale molti abitanti inermi vennero trucidati e il borgo venne saccheggiato ed incendiato dalle truppe austriache, inviate dal feldmaresciallo Radetzky.
Cosa vedere a Castelnuovo: Il castello che si eleva in posizione dominante sul centro del paese.
Costruito da Giangaleazzo Visconti nel 1387 dopo aver sconfitto gli Scaligeri, questo Castello fu il cuore intorno a cui il borgo riprese vita e forza. Al centro della seconda muraglia del castello, si trova la Gran Torre sulla quale spiccava la Bissona dei Visconti, a cui nell’Ottocento sono stati aggiunti la merlatura e l’orologio a pesi.
La Chiesa di Santa Maria, si trova nei pressi della torre viscontea, ristrutturata con pianta ottagonale nel Settecento ha mantenuto il bel campanile romanico del 1400.
Sul colle San Lorenzo, in posizione incantevole è ubicata la Chiesetta della Madonna degli Angeli poco lontana dalla Chiesa dedicata a San Lorenzo. Di notevole interesse artistico sono la Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, di stampo neoclassico e la Chiesa Parrocchiale di S. Andrea, edificata su due edifici precedenti, uno dell’alto medioevo ed uno romanico del XII secolo.